Guida completa ai microfoni: tipologie, design, funzioni, costi e marche

Il microfono è quell’oggetto ‘mitologico’ che -nell’immaginario collettivo- conferisce un certo potere a chiunque lo possegga, in qualità di primo tramite dell’amplificazione vocale.

In gergo tecnico, si identifica come trasduttore che trasforma l’energia da una data forma (onde sonore) ad un’altra (segnale elettrico).

Nonostante sia sempre avvolto da quell’atmosfera di esclusività -rispetto al suo esordio risalente alla fine del XIX secolo-, il microfono è ormai a pieno titolo impiegato nei più svariati contesti, soprattutto nell’ambito delle telecomunicazioni, nel mondo dello spettacolo e nei sistemi di rilevamento di onde acustiche.

Un passo indietro…

Prima di entrare nel caleidoscopico ventaglio di attuali modelli e destinazioni d’uso del microfono, è bene fare un passo indietro per fissare alcune tappe salienti del suo processo evolutivo.

1827: Sir Charles Wheatstone conia il termine microfono: tra i primi scienziati a riconoscere formalmente che il suono è trasmesso dalle onde attraverso i medium.

1876: Emile Berliner inventa quello che molti considerano il primo microfono: il dispositivo utilizzato era un trasmettitore di voce telefonica. In seguito, il brevetto di Berliner fu attribuito ad Edison.

1878: L’inventore e docente di musica anglo-americano David Edward Hughes sviluppa il primo microfono a carbone. 

1915: Lo sviluppo del tubo a vuoto contribuisce a migliorare il volume di uscita dei dispositivi, incluso il microfono.

1916: E’ brevettato il microfono a condensatore dall’inventore Wente: il dispositivo è spesso indicato come un microfono elettrostatico, concepito con l’intento di migliorare la qualità audio per i telefoni.

1928: In Germania, viene fondata la Georg Neumann che si afferma come produttrice di microfoni.

1931: Western Electric commercializza il suo microfono dinamico 618.

1942: Con l’invenzione della radio, nasce l’esigenza di nuovi microfoni: fa la sua comparsa il microfono a nastro.

1959: Il microfono Unidyne III fu il primo dispositivo unidirezionale progettato per captare il suono dalla parte superiore del microfono, piuttosto che dal lato.

1964: I ricercatori James West e Gerhard Sessler dei Bell Laboratories ricevono un brevetto per il trasduttore elettroacustico, un microfono elettrete che consente precisione più elevata ad un costo e a dimensioni inferiori.

1970: I microfoni dinamici e a condensatore sono ulteriormente migliorati, offrendo una registrazione più nitida.

1983: Sennheiser sviluppa uno microfono direzionale ed uno progettato per lo studio che, tuttora, sono popolari.

1990: Neumann introduce un modello a condensatore ideato per performance dal vivo, stabilendo un nuovo standard per la qualità.

2010: L’Eigenmike rilascia un apparecchio composto da diversi microfoni ad alta qualità disposte sulla superficie di una sfera solida, in grado di catturare il suono da diverse angolazioni.

Quanti e quali tipi di microfono?

Tale strumento ha due discriminanti fondamentali:

la tipologia di funzionamento (il tipo di trasduttore: a membrana, a nastro e a cellula) e la caratteristica direzionale (la diversa sensibilità del trasduttore in relazione alla direzione di provenienza del suono: in base all’utilizzo, modificano le loro componenti come nel caso dei microfoni Lavalier da bavero o collarino, ad archetto -guancia o rima buccale, meno sensibile al disturbo ambientale-, palmari o gelato -che devono essere impugnati e permettono una grande dinamica-)

che determina alcuni modelli differenti:

il microfono omnidirezionale capta il suono in modo quasi uniforme, tranne che per il lato opposto alla capsula in cui risiede l’elemento sensibile;

il microfono bidirezionale è sensibile rispetto a una posizione e a quella direttamente contrapposta, tale qualità ne consente un vantaggio d’utilizzo negli studi radiofonici;

il microfono unidirezionale o cardioide cattura il suono da una specifica direzione;

il microfono supercardioide/ipercardioide/ultracardioide comporta un progressivo restringimento dell’angolo da cui è selezionato un determinato suono, a tal punto da isolarlo quasi completamente rispetto ad altre fonti sonore compresenti nelle immediate vicinanze.

Altre peculiarità tecniche come la grandezza dell’oggetto della trasduzione (a pressione, a gradiente di pressione, a spostamento e a velocità), il principio di trasduzione (a variazione di resistenza, elettromagnetici -o magnetici o dinamici-, elettrostatici e piezoelettrici), la banda passante/risposta in frequenza (che per i microfoni utilizzati nella musica non dovrebbe subire variazioni di livello di uscita superiori a 3 dB nella banda di frequenza compresa tra 30 e 20000 Hz), dinamica e sensibilità (rapporto fra ampiezza del segnale elettrico uscente dal microfono ed ampiezza del segnale acustico), impedenza (è la resistenza che incontra l’energia acustica trasformata in corrente elettrica: più bassa è la resistenza, più bassa è l’impedenza e viceversa. I microfoni a bassa impedenza -consigliati per uso professionale- sono meno sensibili a disturbi elettrici), necessità o meno di alimentazione (con cavo o senza cavo), unitamente a prerogative psico-acustiche quali trasparenza del suono, risposta ai transienti, selettività e resa sulle armoniche.

Ogni microfono una personalità: design e caratteristiche

Tipo Funzionamento Utilizzo
Microfono dinamico tramite induzione elettromagnetica live, concerti
Microfono a nastro tramite induzione magnetica studio di registrazione
Microfono a condensatore tramite variazione di tensione ai capi di un condensatore collegato ad circuito elettronico cinema, tv
Radiomicrofono tramite circuito trasmettitore tra segnale radio e antenna spettacoli, performance



Senza trascurare connotati puramente estetici ritrovabili in materiale, peso, colore e componenti aggiuntive (come spugne protettive o simili), il design dei microfoni di più largo utilizzo si configura tenendo conto di dati attributi principali:
il microfono dinamico (a volte chiamato microfono a bobina mobile) è simile ad un piccolissimo altoparlante, impiegato soprattutto nei live, sfrutta il fenomeno dell’induzione elettromagnetica la cui tensione costituisce il segnale elettrico audio. Le onde sonore provocano la vibrazione di una membrana collegata ad una bobina che ondeggia all’interno di un campo magnetico.

Il microfono a nastro -adoperato perlopiù in studio di registrazione- produce il suono per induzione magnetica, servendosi di un nastro sottile collegato da un circuito elettrico all’uscita audio del microfono.

Spesso ricercato dagli esteti della voce ‘effettata’ -in ambito musicale, denota un suono che risulti già ricco di effetti senza avvalersi del mixer- o semplicemente utilizzato per cinema e tv, il microfono a condensatore basa il suo funzionamento sulla variazione di tensione ai capi di un condensatore che si avvale di un circuito elettronico alimentato da una batteria o -nella maggior parte dei casi- dallo stesso cavo microfonico (alimentazione Phantom); l’alta sensibilità dell’apparecchio, inoltre, è in grado di prelevare suoni a grande distanza. Da questa categoria è bene individuare due sottocategorie che separano quelli a diaframma largo (impiegato soprattutto per la registrazione della voce in studio) da quelli a diaframma stretto (ideali per registrare strumenti).

I radiomicrofoni sfruttano il vantaggio dell’assenza di cavo per essere adottati in molti dei contesti legati al mondo dello spettacolo, incorporando -oltre ad una normale capsula microfonica- un circuito trasmettitore che modula il segnale portante radio e una piccola antenna che trasmette il segnale ad un ricevitore, spesso posto vicino alla consolle.

Questi strumenti sono in grado di portare a termine il proprio lavoro anche a decine di metri di distanza, pur pagando lo scotto di una qualità del suono inferiore (per la necessità di convertire il segnale audio in segnale radio), oltre al rischio che la batteria si esaurisca nel bel mezzo di una performance; ciononostante, i radiomicrofoni a modulazione digitale offrono una prestazione molto superiore, paragonabile a quella di un collegamento via cavo.

Sembianze diverse per esigenze diverse

Un’ulteriore distinzione può emergere considerando le differenti destinazioni d’utilizzo del microfono, in tal caso, strettamente collegate al suo aspetto costruttivo:
il microfono a gelato, facilmente impugnabile, maneggevole e pratico, agganciabile su supporti (ad esempio, asta).

Il microfono a collare o a clip, invece, è di piccole dimensioni ed è largamente impiegato in tv. Si fissa al colletto del capo d’abbigliamento indossato, lasciando le mani libere, senza compromettere la resa audio.

I superdirezionali microfoni a fucile sono montati sulla videocamera o mantenuti dal microfonista per mezzo di un’asta; particolarmente efficaci nel percepire il suono, restando fuori dall’inquadratura.

Il microfono piatto si presenta come un disco (anche se a volte può essere di forma rettangolare) poggiato su un piano per catturare le voci di più persone.

I più venduti

I leader commerciali in campo microfonico godono di un mercato equamente diviso tra i clienti dei negozi musicali (affezionati al contatto con lo strumento) ed i compratori online (spesso agevolati nella convenienza).

Questi i protagonisti:
La tedesca Sennheiser che propone un microfono con cavo a partire dai 100 euro ed un microfono dinamico che arriva a toccare anche i 600 euro.
La casa statunitense Shure dove un microfono con cavo può valere poco meno di 100 euro, mentre un dinamico sfiora la soglia dei 400 euro.
L’azienda europea Beringer che vende il proprio microfono con cavo anche a 30 euro ed un dinamico a meno di 100 euro.
La viennese Akg che sponsorizza un microfono con cavo a 50 euro ed un microfono dinamico a poco meno di 100.

Classe ’92, laureata in lettere moderne e specializzata in editoria e scrittura a La Sapienza.
Giornalista pubblicista, amo la musica e la poesia. Canto in un coro gospel e ho un’innata passione per tutto ciò che è arte. Socievole, chiacchierona, adoro conoscere, scoprire, viaggiare ed esplorare.

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